Questo aspetto assume particolare importanza nella valutazione dei risultati a medio e lungo termine di ELVeS. L’abolizione del reflusso alla giunzione safeno-femorale richiede necessariamente l’ablazione di tutti gli assi venosi incompetenti che originano da essa.
A tale scopo, un attento studio ecografico pre-operatorio e la ricerca di una eventuale safena anteriore accessoria refluente rappresentano un momento fondamentale. Nel caso di reflusso giunzionale che interessa solo la grande safena, è possibile scegliere di effettuare un trattamento che preveda l’ablazione completa del vaso partendo raso alla giunzione safeno-femorale, includendo quindi anche lo sbocco della safena accessoria, oppure un trattamento che determini l’ablazione del tronco safenico solo distalmente all’origine della safena accessoria, cercando di non danneggiarne la valvola pre-ostiale.
Nel caso di reflusso giunzionale che si propaga solamente alla safena anteriore accessoria (circa il 10% dei casi), difficile e controverso è l’approccio da adottare nei pazienti che non presentano varici e sintomi ad esse correlati. In tutti gli altri casi, l’identificazione di una safena accessoria refluente richiede necessariamente un trattamento che, a differenza di quello chirurgico tradizionale, garantisce la conservazione della grande safena continente.
Ritengo che, allo stato attuale, sulla base delle evidenze cliniche e scientifiche l’approccio mediante “crossectomia laser” risulti essere troppo aggressivo. Preferisco quindi trattare unicamente l’asse venoso incompetente e la giunzione in modo da ottenere un moncone di 1-2 cm, con un flusso persistente attraverso una sua tributaria, cercando di preservare l’emergenza della safena accessoria, se competente.