Un follow-up a quasi dieci anni: una raccolta dati eccezionale

Pochi mesi fa il gruppo di day surgey dell’Università di Padova ha pubblicato uno studio sulla termoablazione laser delle varici safeniche in cui i pazienti operati sono stati seguiti per quasi 10 anni, con risultati molto positivi: le varici recidive erano presenti nel 37% delle grandi safene trattate e nel 17% delle piccole safene ma, nella maggior parte dei casi, con quadri clinici modesti e scarsamente sintomatici.
image
Patrizia Pavei

05 Agosto 2022

COVERPLACEHOLDER-5

 

Le tecniche endovascolari termoablative nel trattamento delle varici safeniche hanno pro gressivamente soppiantato la chirurgia a partire dagli anni 2000 e in particolare dopo il 2013, con la pubblicazione delle linee guida del National Institute for Health and Care Excellence (NICE), in cui tali tecniche vengono raccomandate come trattamento di prima scelta delle varici tronculari degli arti inferiori.

Nonostante ciò, molti aspetti sono ancora sotto osservazione, come l’alta incidenza segnalata in letteratura di varici recidive, il riscontro di monconi refluenti alla crosse safeno-femorale o safeno-poplitea e il tasso di recidive a carico della safena accessoria anteriore. Non mancano, però, i vantaggi di queste metodiche endovascolari: hanno un basso tasso di complicanze, possono essere effettuate con un regime assistenziale semplificato, ambulatoriale, e sono molto gradite dai pazienti che aprezzano la ridotta invasività e un decorso post-operatorio quasi indolore.

Le questioni sul tavolo

Quello che ancora manca alle tecniche endovascolari termiche è un solido supporto di letteratura con un follow-up a lungo termine. Numerose sono le pubblicazioni scientifiche ma, allo stato attuale, la quasi totalità di queste si riferisce a follow-up a medio termine, non superiori ai cinque anni.

Quando si vuole affrontare una nuova metodica, comprenderne vantaggi e svantaggi, è fondamentale un paziente lavoro di monitoraggio dei risultati ottenuti, che consente di capire le potenzialità e i limiti della tecnica che stiamo usando. Fin dall’inizio dell’esperienza con le metodiche endovascolari, il nostro gruppo ha seguito i pazienti trattati nell’ottica di identificare eventuali punti deboli o individuare strategie che consentissero di migliorare i risultati. Nel 2014 abbiamo pubblicato i risultati a breve-medio termine di 379 pazienti [1], di cui 317 trattati per la grande safena e 62 per la piccola safena, con un follow-up completo per 372 pazienti, trattati tra il 2008 e il 2009 con il laser a 1470 nm e fibre radiali.

Alcuni elementi emersi in questo studio, in particolare la persistenza di reflussi alla crosse safeno-femorale o safeno-poplitea e la presenza di una percentuale non irrilevante di recidive su safena accessoria anteriore, ci hanno spinto a proseguire nel monitoraggio dei pazienti. Le domande alle quali volevamo rispondere erano:

  • Qual è il destino delle crosse refluenti, ma senza varici?
  • Quale è l’incidenza di varici recidive su safena accessoria anteriore?
  • Quante di queste varici recidive sono clinicamente rilevanti e quante di scarso significato ed evolutività?
  • Qual è l’incidenza di ricanalizzazioni del tronco safenico?
  • Qual è la percentuale di varici recidive e quante hanno richiesto un nuovo trattamento?
  • La qualità di vita dei pazienti è migliorata?

 

Uno studio cross-sectional

Per rispondere a tutte queste domande è stato quindi progettato uno studio cross-sectional nel quale sono stati rivalutati i primi 240 pazienti consecutivi, scelti in ordine strettamente cronologico, dello studio del 2014 [2].

L’impossibilità di poter esaminare tutti i 372 pazienti iniziali è stata determinata solamente dalla disponibilità di fondi per pagare la visita e l’ecocolordoppler venoso di controllo, necessari per la nostra valutazione. Tutti i pazienti del primo studio erano stati trattati con tecnica endovascolare termica utilizzando un laser a diodi a 1470 nm e una fibra radiale a singolo anello. In questa serie di pazienti avevamo già adottato un protocollo standardizzato per decidere la quantità di energia necessaria per il trattamento di ogni vena: in particolare, essa veniva stabilita in base al diametro del vaso seguendo la regola del x20 per i primi 5 cm prossimali alla crosse safeno-femorale e/o alla crosse safeno-poplitea e del x10 per il rimanente tronco safenico. Solo 36 dei 240 pazienti del campione iniziale non sono stati riesaminati, ma di questi 17 hanno accettato di sottoporsi a un’intervista telefonica, con un drop-off quindi molto limitato a 8-10 anni.

Lo studio ha incluso un campione composto dal 79% di vene grande safena e dal 21% di vene piccola safena, con una rappresentazione molto ampia delle varie classi cliniche CEAP, da C2 a C6 per la vena grande safena e da C2 a C5 per la vena piccola safena.

L’endpoint primario dello studio era la percentuale di ricanalizzazione del tronco safenico, che in letteratura è segnalato tra lo 0,5% e l’1% in almeno tre studi osservazionali con un follow-up a tre anni, mentre due metanalisi del 2017 e 2018 riportano un tasso di ricanalizzazione tra il 12% e il 27%.

Il follow-up medio dei nostri pazienti è stato di 114 mesi, quindi quasi 10 anni, e la percentuale di ricanalizzazione del tronco della vena grande safena è stata dello 0,5%: nello specifico un solo paziente del gruppo esaminato tra le vene grandi safene, mentre nessuna ricanalizzazione è stata osservata tra le vene piccola safena trattate. Da notare che il paziente con ricanalizzazione del tronco è asintomatico e non ha varici recidive. Il nostro dato quindi si discosta da quanto riportato in letteratura, ma va sottolineato che, nei lavori analizzati dalle metanalisi, erano incluse casistiche molto eterogenee, riguardo alla lunghezza d’onda laser utilizzata, al tipo di fibra e all’energia erogata per centimetro. Nei pazienti del nostro studio, invece, tutti i pazienti sono stati trattati con la stessa lunghezza d’onda e con un protocollo fisso, come sopra descritto.

Gli endpoint secondari erano invece focalizzati sulla sintomatologia del paziente, sulla comparsa di varici recidive e sulla necessità di effettuare trattamenti aggiuntivi. Solo uno dei pazienti esaminati ha riferito un peggioramento dei sintomi, rispetto al preoperatorio, mentre più del 90% dei soggetti ha riferito un miglioramento della sintomatologia.

Inoltre, in tutti i pazienti, si è osservata una riduzione statisticamente significativa del VCSS score, che per la vena grande safena è passato da 6,3 a 1,6 e per la piccola safena da 5,4 a 0,7.

I dati sulle recidive

Le varici recidive erano presenti nel 37% delle grandi safene trattate e nel 17% delle piccole safene ma, nella maggior parte dei casi, con quadri clinici modesti e scarsamente sintomatici, come attestato dai questionari di gradimento compilati sia dal paziente sia dal medico esaminatore. In questo grosso gruppo di varici recidive solo il 17% erano vere recidive, cioè a origine dal tronco safenico precedentemente trattato e di queste l’84%, il 14% del totale, erano dovute a reflusso sulla safena accessoria anteriore, punto critico e ancora discusso delle tecniche endovascolari. In letteratura, infatti, le percentuali di recidiva su safena accessoria anteriore variano dal 16 al 48%.

La minor incidenza di recidive nella nostra casistica è dovuta, probabilmente, nell’accurato studio preoperatorio della crosse safeno-femorale e nel trattamento contemporaneo della safena accessoria anteriore in tutti i casi nei quali venga individuato un reflusso significativo. Segnaliamo, inoltre, che solo la metà dei pazienti aveva sviluppato varici evidenti e solo sette pazienti erano sintomatici.

Tra tutti i pazienti che avevano sviluppato recidive, strettamente correlate al trattamento o meno, solo 39 (21%) hanno richiesto un trattamento, nella maggior parte per motivi estetici; 35 pazienti sono stati trattati con scleroterapia, tre con flebectomia e solo un caso di una safena accessoria anteriore del diametro di 7 mm, in una giovane donna con storia di ulcere venose, è stato ritrattato con EVLA (Endo-Venous Laser Ablation).

Lavorando in una struttura pubblica abbiamo potuto monitorare annualmente tutto il campione di pazienti per i primi tre anni. Negli anni successivi, solo 7 dei 240 pazienti dello studio si erano presentati spontaneamente per effettuare un controllo per la presenza di sintomi significativi, a conferma del buon controllo della malattia venosa ottenuto con questa metodica.

Conclusioni

Sicuramente lo studio presenta dei limiti legati al reclutamento monocentrico, alla mancanza di randomizzazione, al modesto campione di pazienti e al piccolo gruppo di pazienti con insufficienza della vena piccola safena, ma resta una fotografia fedele dell’evoluzione clinica dei pazienti trattati con tecnica endovascolare laser. Emerge, inoltre, l’importanza di un accurato studio ecocolordoppler preoperatorio e la necessità di usare protocolli ben standardizzati per stabilire la quantità di energia necessaria a ottenere un adeguato danno termico.

La forza del nostro studio, a nostro avviso, sta proprio nell’aver fotografato l’evoluzione nella real-life dei pazienti sottoposti a EVLA.

KEY POINTS

LO STUDIO – Si tratta di uno studio cross-sectional, che consiste nel richiamare, in questo caso con una media di nove anni e mezzo dal trattamento, tutti i pazienti inclusi e riesaminarli con una visita e un esame ecocolordoppler, per un totale di 203 pazienti. Rispetto alle rivalutazioni disponibili a cinque anni degli studi randomizzati precedenti, il follow-up è di circa il doppio, e il campione di pazienti esaminati è molto superiore. Gli studi non randomizzati disponibili sono spesso retrospettivi o analizzano casistiche di pazienti riesaminati per recidiva delle varici.

Il numero di pazienti trattati per patologia della piccola safena è modesto (42 arti), dovuto anche alla media di piccole vene safene trattate, ma si sono
raccolti dati su questo gruppo che sono risultati migliori di quelli di pazienti trattati per patologia della vena grande safena.

L’EFFICACIA – È stata diagnosticata una sola ricanalizzazione di una vena grande safena, senza recidiva, né di sintomi né di varici (0,5%). Pertanto utilizzando un laser a 1470 nm con fibre radiali e rispettando il protocollo del x10 per l’erogazione dell’energia, la ricanalizzazione del tronco safenico diviene un evento molto raro.

IL NEOREFLUSSO ALLA GIUNZIONE SAFENO-FEMORALE – Un reflusso residuo o neoformato nel moncone della giunzione safeno-femorale è stato diagnosticato, con un test di VALSAVA o con la compressione/rilasciamento. Si tratta di una percentuale discreta (circa un paziente su quattro) che tuttavia diventa significativa dal punto di vista clinico solo in pazienti in cui il reflusso interessa anche la safena anterolaterale di coscia (19%). Non sono stati diagnosticati segni di neoangiogenesi alla giunzione.

IL GIUDIZIO DEL PAZIENTE – I pazienti, invitati a dare un punteggio da 0 a 10 sul trattamento, hanno indicato un punteggio molto alto (una media di 9). Più del 90% al momento della visita erano asintomatici o significativamente migliorati.

IL MIGLIORAMENTO DELLA CLASSE CEAP E DEL VCSS – Entrambi i parametri sono migliorati sia rispetto ai dati preoperatori che a quelli postoperatori a medio termine.

BIBLIOGRAFIA

1. Spreafico G, Piccioli A, Bernardi E et al. Endovenous laser ablation of great and small saphenous vein incompetence with a 1470-nm laser and radial fiber.
J Vasc Surg Venous Lymphat Disord 2014; 2(4):403-1

2. Pavei P, Spreafico G, Bernardi E et al. Favorable long-term results of endovenous laser ablation of great and small saphenous vein incompetence with a 1470-nm laser and radial fiber.
J Vasc Surg Venous Lymphat Disord 2021; 9(2):352-360