Nella nostra casistica, 78 pazienti (di cui solo 10 sintomatici) su 183 presentavano varici recidive non correlate ad un fallimento del precedente trattamento endovascolare termico: in altri termini, si trattava di nuove varici conseguenza legate all’evolutività della malattia varicosa cronica. Una minoranza (24 arti) di queste 78 recidive è stata ritrattata: in 23 casi con scleroterapia e solo in un caso con flebectomia.
La revisione della nostra casistica relativa ai trattamenti della vena piccola safena, ha rilevato un diverso pattern di fallimenti. Nei 42 pazienti con varici della piccola safena, non si ci sono state né ricanalizzazioni del tronco, né recidive dalla crosse safeno-poplitea con neoangiogenesi e formazioni di piccoli vasi. Sono stati invece osservati un episodio di crosse safeno-poplitea refluente ma senza out flow, e due pazienti con recidive su perforanti del cavo popliteo. Si trattava , in questi casi, di un’ipertensione venosa profonda che aveva preso una via diversa rispetto alla piccola safena. Varici residue sono state osservate in 7 pazienti di questo gruppo, ma per nessuna varice residua è stata identificata una via di fuga rilevante e nessuna è stata ritrattata.
Per prevenire possibili recidive, conseguenti alla presenza di una vena safena accessoria anteriore refluente come
dobbiamo agire?
Il primo passo è l’attento studio ecografico preoperatorio della crosse safeno-femorale e la ricerca dell’eventuale safena accessoria refluente. Se identificata, la safena accessoria deve essere trattata.
Alcuni autori (come Lawson) propongono di effettuare sempre l’ablazione completa della safena fino a raso della crosse femorale safeno-femorale, includendo quindi anche lo sbocco della safena accessoria anteriore: in pratica come eseguire una crossectomia “termica”.
Altri, il nostro gruppo rientra tra questi, propongono , in caso di safena accessoria continente, di trattare il tronco safenico distalmente all’origine della safena accessoria stessa, cercando di non danneggiare la valvola vicino al suo ostio di origine, e di monitorare la situazione nel tempo.
In ogni caso, il problema non risulta critico in quanto solo l’8% di questi pazienti, secondo i nostri dati, svilupperà delle varici.
Proprio per questo non riteniamo giustificato l’approccio aggressivo portato avanti da alcuni autori, che prevedono il trattamento termico di un tratto di safena sana e probabilmente che resterà integro anche in futuro.
Resta da definire quale atteggiamento tenere se ci troviamo di fronte ad una safena accessoria anteriore refluente all’ecocolordoppler di 5 mm, con un reflusso, ma senza varici e senza sintomi. Un atteggiamento simile ad una crossectomia chirurgica è in questi casi giustificato?
Per ciò che riguarda la prevenzione della ricanalizzazione del tronco safenico, la soluzione resta un’adeguato apporto di energia durante l’esecuzione della tecnica endovascolare.
Per quanto riguarda una possibile evoluzione nella malattia venosa cronica e la possibilità di una comparsa di nuove varici, queste possono essere ridotte con uno stretto follow-up nei primi 12-24 mesi.