La procedura Il trattamento delle vene perforanti con la tecnica mininvasiva laser TRLOP è concettualmente semplice. Certamente meno banale è l’applicazione, che richiede un po’ di pratica e di manualità. In sintesi, come si fa per il trattamento laser dei tronchi safenici, si punge sotto guida ecografica il segmento di vena che s’intende trattare, s’introduce la fibra laser e si procede all’obliterazione dopo aver somministrato la tumescenza. Il grande vantaggio di utilizzare uno strumento in cui l’emissione dell’energia avviene in senso radiale, è che non si produce emissione di energia all’interno del sistema venoso profondo anche quando la vena profonda sia a 1-2 millimetri dalla vena che stiamo trattando. In casi particolarmente difficili, è consigliabile farsi aiutare da un tecnico di ecografia. Avvalersi dell’ausilio di un collega o un tecnico, con il compito di tenere ben ferma la sonda mentre si fa l’approccio, garantisce un miglior risultato, soprattutto nei casi più difficili. Sempre in tema di difficoltà d’intervento, occorre sottolineare che il kit utilizzato è fondamentale: più nello specifico, la disponibilità di una fibra slim rende tutto molto più agevole. Soltanto quando il trattamento delle perforanti è associato a quello dei tronchi safenici, normalmente si tende a mantenere la stessa fibra. In fase di approccio, non mi preoccupo mai se la mia fibra laser eccede il limite della fascia quando tratto le perforanti surali e muscolari, per avere la sicurezza di poter “parcheggiare” la fibra ben dentro il vaso ed essere certo che non si sposti durante la somministrazione della tumescenza. Somministro inoltre sempre un po’ di tumescenza al di sotto della fascia, non tanto come anestesia ma per far sì che il vaso profondo sia messo al riparo da qualunque rischio di progressione del calore al suo interno. Una volta fatto questo, mi riposiziono a livello della fascia prima di erogare l’energia. Una nota importante sull’energia da utilizzare: le perforanti risentono di un trattamento termoablativo completo utilizzando dosi di energia leggermente superiori rispetto a quella solitamente utilizzate per il tronco safenico, tipicamente intorno ai 70-90 J/cm. Inoltre, non si tratta mai di un’erogazione puntiforme, perché è necessario effettuare un lieve movimento di retrazione con la fibra per essere certi di effettuare una chiusura completa.
Due anni di esperienza nel trattamento delle perforanti Nella mia esperienza chirurgica, dall’aprile 2014 all’aprile 2017 ho trattato 141 perforanti su 43 pazienti, di cui 33 di sesso femminile, per un totale di 54 arti. La chiusura è stata ottenuta in 126 casi, con una percentuale di successo dell’89%: si tratta di un buon risultato, in linea con dati pubblicati in anni precedenti. Il restante 11% è costituito da perforanti che hanno risentito comunque della termoablazione: non hanno richiesto un intervento, ma semplicemente l’applicazione di un po’ di schiuma sclerosante in un secondo tempo. La mia esperienza mi ha permesso anche di effettuare un’analisi rispetto alle due tipologie di fibre, a emissione radiale e a emissione frontale: le prime garantiscono il trattamento anche quando non si riesca a incannulare perfettamente la perforante ma ci si trovi subito in corrispondenza, in questo caso l’energia del laser arriva direttamente alla parete del vaso, diversamente da quanto avviene con una fibra a emissione frontale