La gestione del paziente ambulatoriale: due esempi a confronto

Vengono messe a confronto le gestioni di due unità operative specializzate nel trattamento delle varici con laser endovenoso, in due strutture di due città e regioni differenti.
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Patrizia Pavei

08 Agosto 2022

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Edoardo De Angelis

08 Agosto 2022

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PATRIZIA PAVEI

L’attuale normativa regionale in Veneto riconosce solo il regime ambulatoriale come congruo per gli interventi endovascolari sulle varici, riconoscendone il rimborso al di fuori del DRG.
Nell’Unità Operativa Complessa di Day Surgery multidisciplinare di Padova sono presenti due sale operatorie tradizionali, sei ambulatori visite e due ambulatori chirurgici protetti con una possibilità di degenza di venti posti letto e sei poltrone: l’attività chirurgica ambulatoriale si svolge nei due ambulatori protetti. L’anestesista è presente nella piastra operatoria tradizionale e può essere chiamato, in caso di necessità, negli ambulatori chirurgici protetti.
Nell’ambito della UOC di Day Surgery multisciplinare, la Vein Clinic è giustificata dall’elevata prevalenza e dal notevole costo sociale ed economico della malattia venosa cronica, ma anche dall’esigenza di liberare, per interventi chirurgici più complessi, sale operatorie adeguatamente attrezzate, senza sacrificare il livello di qualità e comfort dell’assistenza al paziente.
Il primo accesso del paziente è ambulatoriale (Figura 1).
Lo specialista, dopo l’anamnesi, e l’individuazione della classe ASA di rischio clinico, esegue l’ ecocolordoppler. Se lo specialista decide di avviare il paziente all’intervento piuttosto che ad altre procedure come la scleroterapia, identifica la procedura chirurgica più opportuna e richiede, se necessario, la visita anestesiologica; i pazienti ASA 1 e 2 sono inseriti direttamente nella lista operatoria.
In occasione di questo primo accesso, il paziente compila inoltre un questionario sul suo stato di salute che entrerà a far parte della cartella ambulatoriale; è anche consegnata e illustrata una “Guida per il paziente che deve essere operato di varici” sviluppata dall’Azienda Ospedaliera di Padova.

Il paziente tornerà nella struttura il giorno del mappaggio preoperatorio, generalmente il giorno prima dell’intervento: questo momento di rivalutazione è fondamentale perché, dal primo accesso del paziente, possono essere passati anche diversi mesi. Oltre alla rivalutazione del paziente, con un ecocolordoppler di controllo, si discutono le istruzioni per il giorno dell’intervento (digiuno, accompagnatore, ecc.) e gli eventuali dubbi residui e si redige il programma della sessione operatoria dell’indomani.

Il giorno dell’intervento, l’accesso dei primi due pazienti è di norma il mattino, alle 7:30, a digiuno e con libera assunzione della terapia medica abituale e incannulando una vena al braccio per precauzione. È permessa la colazione del mattino, se l’intervento è programmato al pomeriggio.

La premedicazione è leggera, quasi un placebo (midazolam, 10 gocce sublinguali). Dopo l’intervento, si ritorna in sala osservazione per un’ora, poi leggera colazione, deambulazione e dimissione. Un primo follow-up telefonico è previsto già la sera dell’intervento. Per quanto riguarda le medicazioni post-operatorie, la prima, programmata dopo 1-2 giorni, è soprattutto di alleggerimento delle medicazioni (le eventuali flebectomie sono di solito eseguite nella stessa sessione operatoria); un altro controllo è previsto dopo 7 giorni associato a un ecodoppler per confermare l’occlusione del tronco safenico e l’assenza alla giunzione di un trombo causato dal calore (EHIT). La visita finale di controllo è prevista dopo 3-6 mesi

EDOARDO DE ANGELIS

Per l’elevata prevalenza, la chirurgia del sistema venoso superficiale è responsabile di un notevole carico di lavoro e di elevati costi sociali ed economici (costi assistenziali diretti, perdita di ore lavorative e di produttività, ripercussioni sulla qualità di vita).
La chirurgia endovascolare, per i costi ridotti rispetto alla chirurgia tradizionale, offre concrete prospettive di risparmio (Figura 2), soprattutto seguendo il modello anglosassone di strutture ambulatoriali piccole, tecnologicamente avanzate e idealmente indipendenti (free standing unit), dove lo specialista opera le varici utilizzando sempre con la stessa tecnica, con una qualità dell’intervento molto elevata e un abbattimento dei costi.
Anche le linee guida SICVE-SIF (Società Italiana di Chirurgia Vascolare ed Endovascolare e Società Italiana di Flebologia) affermano (punto 5) che le tecniche termoablative endovascolari sono “adatte a un trattamento realmente ambulatoriale”. Analoghe considerazioni valgono per i nuovi LEA dell’anno scorso (decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 gennaio 2017 “Definizione dei Livelli Essenziali di Assistenza”), che innova i nomenclatori della specialistica ambulatoriale e dell’assistenza protesica, introducendo prestazioni tecnologicamente avanzate ed escludendo prestazioni obsolete. Nel caso della malattia venosa cronica, questo significa che l’esecuzione di un intervento chirurgico tradizionale per le varici, codificato con il DRG 119, potrebbe essere ad “alto rischio di non appropriatezza”.

L’ambulatorio chirurgico di flebologia dell’ospedale di Romano di Lombardia, è il secondo esempio presentato di organizzazione di un servizio ambulatoriale chirurgico di flebologia (Figura 3) ed è stato creato dal nulla nell’ultimo anno in collaborazione con l’Ingegneria Clinica e altre funzioni, ricavando gli spazi necessari dalle volumetrie preesistenti.

L’infermiera che accoglie i pazienti è sempre la stessa; si alternano inoltre due strumentiste e due infermiere, che aiutano anche per l’anestesia. I vari ambienti dell’unico grande locale dell’ambulatorio sono divisi da paratie scorrevoli.
L’arruolamento del paziente con valutazione ecocolordoppler e l’eventuale stratificazione del rischio trombotico avvengono in media circa sei mesi prima dell’intervento; 3-4 settimane prima della procedura il paziente è richiamato, riceve un opuscolo informativo, consegna la documentazione clinica che possiede ed è redatta la cartella clinica.

La mappatura preoperatoria del paziente avviene subito prima dell’intervento; gli arrivi dei primi due pazienti sono programmati per le otto, i successivi per le 10:30 e le 11.

Dopo l’intervento, il paziente accede alla sala postoperatoria e vi resta per circa trenta minuti; il tempo medio di permanenza nell’ambulatorio è di circa due ore. Per l’impossibilità pratica di operare nella stessa sessione anche le varici periferiche, questa sono trattate con sclerosi ecoguidata con schiuma in seguito in un tempo successivo.

I controlli con ecocolordoppler sono previsti il giorno seguente e dopo 2-4 mesi; eventualmente, se ritenuto opportuno, anche dopo una settimana. Dal 23 ottobre 2017 sono stati eseguiti nell’ambulatorio 255 interventi.

Figura 3 – Esempio di ambulatorio di chirurgia vascolare
Conclusioni

La procedura ambulatoriale
Si ha un costo inferiore rispetto a quelli della chirurgia tradizionale in anestesia spinale.

Il kit monopaziente
Il suo costo è completamente ammortizzato dall’attivazione di una procedura realmente ambulatoriale.

Turnover dei pazienti
L’assenza di anestesia spinale permette un più rapido ricambio dei pazienti e consente nello stesso lasso di tempo di effettuare più interventi endovascolari rispetto alla chirurgia tradizionale.

Ottimizzazione dei costi
Migliorando i percorsi del paziente con una procedura realmente ambulatoriale si ottiene un guadagno del 30% circa sul valore dei DRG.