La nostra esperienza è iniziata nel 2006, quando abbiamo deciso di occuparci esclusivamente di flebologia, attuando una scelta che per i tempi risultava essere innovativa. Abbiamo perciò aperto dei service autonomi con questa specializzazione, con l’obiettivo di trattare la problematica flebologica a tutto tondo, in strutture pubbliche e private convenzionate del Piemonte.
La prima unità è stata avviata presso l’Ospedale Cottolengo di Torino, predisponendo un setting ambulatoriale puro per l’esecuzione della tecnica laser, senza che ve ne fosse ancora un “obbligo burocratico”, setting che poi abbiamo replicato presso l’Humanitas Cellini, sempre di Torino, e presso l’Humanitas Mater Domini di Castellanza, in provincia di Varese, con minime differenze.
ELVeS: un’esperienza pluriennale
La qualità del servizio che riusciamo a offrire ha a che vedere certamente con il setting, ma anche e soprattutto con il personale che ci supporta. È fondamentale, a nostro giudizio, avere in sala operatoria personale dedicato, anche per ottimizzare i costi dell’attività. È seguendo questi principi che abbiamo organizzato tutte le strutture in cui operiamo.
In ciascuna struttura opera, al fianco dell’attività in sala operatoria, un servizio di diagnostica ecocolordoppler e un ambulatorio per le visite flebologiche: è qui che avviene il reclutamento di circa la metà dei pazienti e la gestione del follow-up. Il restante reclutamento avviene direttamente nello studio professionale dello specialista.
Anche la scelta della strumentazione risulta essere particolarmente importante. Dal 2008, cioè da quando è stata introdotta, operiamo esclusivamente con tecnica endovascolare ELVeS con fibra ottica radiale con doppio anello di emissione. Il numero di interventi eseguiti in tutte queste strutture si è attualmente stabilizzato intorno ai 900 casi annui, e abbiamo complessivamente trattato a oggi circa 10mila casi. Le vene su cui operiamo sono: vena grande safena, piccola safena, vena accessoria di coscia, perforanti e recidive varicose con moncone lungo.
Le complicanze della metodica laser
Come in tutte le metodiche chirurgiche, anche nella termoablazione laser esiste, ovviamente, un rischio di eventi avversi. A questo riguardo, non abbiamo mai sviluppato uno studio specifico, prospettico o retrospettivo, delle complicanze sviluppate dai pazienti durante la nostra pluriennale esperienza.
Tuttavia, la totalità dei pazienti che operiamo afferisce direttamente a noi o ai nostri collaboratori e li seguiamo con controlli clinici ed ecocolordoppler anche nei follow-up.
Abbiamo, quindi, un’idea piuttosto precisa dei numeri: le complicanze minori o maggiori che si sviluppano in un anno non superano i 30-40 casi.
La prima complicanza da citare è sicuramente la trombosi venosa profonda. Presso le nostre strutture, i casi conclamati, con dolore riferito dal paziente, non superano i 10 casi all’anno, e vengono trattati secondo quanto raccomandato in letteratura. Al paziente viene prescritta una terapia con eparina o, se il caso lo richiede, una terapia anticoagulante orale, ma non sempre si procede a uno screening trombofilico. A questo riguardo va sottolineato che prescriviamo una profilassi con eparina a basso peso molecolare ai pazienti che hanno già una trombofilia nota (e che non siano in terapia con dicumarolici o NAO), nei casi di obesità, o ancora con disturbi di mobilità importanti dati da altre patologie. Ai pazienti ambulatoriali puri, non diamo alcun tipo di profilassi eparinica. Stando alle linee guida internazionali, infatti, non esiste alcuna evidenza netta della necessità di questo tipo di trattamento in tutti i pazienti, ma solo in quelli che appartengono a coorti a maggior rischio, come quelle appena elencate.
Peraltro, dalla letteratura, come dalla nostra esperienza chirurgica, emerge con chiarezza che non è tanto il trattamento laser di una safena a porre il paziente a rischio di una trombosi, quanto invece l’esecuzione di una flebectomia, un intervento accessorio che con il laser non ha nulla a che vedere, anche se spesso si effettua in concomitanza. Una flebectomia importante è un fattore di rischio perché è associata alla liberazione di un’ampia gamma di fattori infiammatori. Per questo motivo, nel caso siano necessarie flebectomie di enormi dimensioni, scorporiamo l’intervento, d’accordo con il paziente, e pratichiamo due trattamenti distinti: prima il laser e successivamente la flebectomia.
Oltre a questa casistica sulla trombosi venosa profonda,nella nostra esperienza non abbiamo mai riscontrato embolie polmonari o casi di EHIT tipo 2, 3 e 4. Per quanto riguarda i danni neurologici sensitivi, teniamo a sottolineare che nella nostra esperienza sono sempre legati alla flebectomia, e non al trattamento laser. Le lesioni di tipo chirurgico ai nervi degli arti inferiori possono perdurare fino a 18 mesi dall’intervento, ma raramente sono permanenti. Non abbiamo riscontro neppure di lesioni al nervo che decorre in prossimità della piccola safena nel trattamento laser di quest’ultima, contrariamente a quanto riportato in letteratura. Un’accurata tumescenza permette di ridurre al minimo questo rischio, e in questo l’esperienza chirurgica è di grande aiuto.