Le complicanze nei trattamenti di laser endovenoso con fibra radiale: una casistica

Anche con la termoabolazione laser esiste un rischio di eventi avversi, per quanto molto limitato. La complicanza più frequente è la TVP: nei pazienti a maggior rischio trombotico si prescrive una terapia con eparina o con anticoagulanti orali
image
Giorgio Bitossi

10 Agosto 2022

image
Jean Daniel Rostan

10 Agosto 2022

La nostra esperienza è iniziata nel 2006, quando abbiamo deciso di occuparci esclusivamente di flebologia, attuando una scelta che per i tempi risultava essere innovativa. Abbiamo perciò aperto dei service autonomi con questa specializzazione, con l’obiettivo di trattare la problematica flebologica a tutto tondo, in strutture pubbliche e private convenzionate del Piemonte.
La prima unità è stata avviata presso l’Ospedale Cottolengo di Torino, predisponendo un setting ambulatoriale puro per l’esecuzione della tecnica laser, senza che ve ne fosse ancora un “obbligo burocratico”, setting che poi abbiamo replicato presso l’Humanitas Cellini, sempre di Torino, e presso l’Humanitas Mater Domini di Castellanza, in provincia di Varese, con minime differenze.

ELVeS: un’esperienza pluriennale

La qualità del servizio che riusciamo a offrire ha a che vedere certamente con il setting, ma anche e soprattutto con il personale che ci supporta. È fondamentale, a nostro giudizio, avere in sala operatoria personale dedicato, anche per ottimizzare i costi dell’attività. È seguendo questi principi che abbiamo organizzato tutte le strutture in cui operiamo.

In ciascuna struttura opera, al fianco dell’attività in sala operatoria, un servizio di diagnostica ecocolordoppler e un ambulatorio per le visite flebologiche: è qui che avviene il reclutamento di circa la metà dei pazienti e la gestione del follow-up. Il restante reclutamento avviene direttamente nello studio professionale dello specialista.

Anche la scelta della strumentazione risulta essere particolarmente importante. Dal 2008, cioè da quando è stata introdotta, operiamo esclusivamente con tecnica endovascolare ELVeS con fibra ottica radiale con doppio anello di emissione. Il numero di interventi eseguiti in tutte queste strutture si è attualmente stabilizzato intorno ai 900 casi annui, e abbiamo complessivamente trattato a oggi circa 10mila casi. Le vene su cui operiamo sono: vena grande safena, piccola safena, vena accessoria di coscia, perforanti e recidive varicose con moncone lungo.

Le complicanze della metodica laser

Come in tutte le metodiche chirurgiche, anche nella termoablazione laser esiste, ovviamente, un rischio di eventi avversi. A questo riguardo, non abbiamo mai sviluppato uno studio specifico, prospettico o retrospettivo, delle complicanze sviluppate dai pazienti durante la nostra pluriennale esperienza.

Tuttavia, la totalità dei pazienti che operiamo afferisce direttamente a noi o ai nostri collaboratori e li seguiamo con controlli clinici ed ecocolordoppler anche nei follow-up.

Abbiamo, quindi, un’idea piuttosto precisa dei numeri: le complicanze minori o maggiori che si sviluppano in un anno non superano i 30-40 casi.

La prima complicanza da citare è sicuramente la trombosi venosa profonda. Presso le nostre strutture, i casi conclamati, con dolore riferito dal paziente, non superano i 10 casi all’anno, e vengono trattati secondo quanto raccomandato in letteratura. Al paziente viene prescritta una terapia con eparina o, se il caso lo richiede, una terapia anticoagulante orale, ma non sempre si procede a uno screening trombofilico. A questo riguardo va sottolineato che prescriviamo una profilassi con eparina a basso peso molecolare ai pazienti che hanno già una trombofilia nota (e che non siano in terapia con dicumarolici o NAO), nei casi di obesità, o ancora con disturbi di mobilità importanti dati da altre patologie. Ai pazienti ambulatoriali puri, non diamo alcun tipo di profilassi eparinica. Stando alle linee guida internazionali, infatti, non esiste alcuna evidenza netta della necessità di questo tipo di trattamento in tutti i pazienti, ma solo in quelli che appartengono a coorti a maggior rischio, come quelle appena elencate.

Peraltro, dalla letteratura, come dalla nostra esperienza chirurgica, emerge con chiarezza che non è tanto il trattamento laser di una safena a porre il paziente a rischio di una trombosi, quanto invece l’esecuzione di una flebectomia, un intervento accessorio che con il laser non ha nulla a che vedere, anche se spesso si effettua in concomitanza. Una flebectomia importante è un fattore di rischio perché è associata alla liberazione di un’ampia gamma di fattori infiammatori. Per questo motivo, nel caso siano necessarie flebectomie di enormi dimensioni, scorporiamo l’intervento, d’accordo con il paziente, e pratichiamo due trattamenti distinti: prima il laser e successivamente la flebectomia.

Oltre a questa casistica sulla trombosi venosa profonda,nella nostra esperienza non abbiamo mai riscontrato embolie polmonari o casi di EHIT tipo 2, 3 e 4. Per quanto riguarda i danni neurologici sensitivi, teniamo a sottolineare che nella nostra esperienza sono sempre legati alla flebectomia, e non al trattamento laser. Le lesioni di tipo chirurgico ai nervi degli arti inferiori possono perdurare fino a 18 mesi dall’intervento, ma raramente sono permanenti. Non abbiamo riscontro neppure di lesioni al nervo che decorre in prossimità della piccola safena nel trattamento laser di quest’ultima, contrariamente a quanto riportato in letteratura. Un’accurata tumescenza permette di ridurre al minimo questo rischio, e in questo l’esperienza chirurgica è di grande aiuto.

 

Un’altra complicanza possibile nella termoablazione laser è la rottura di fibra. Nell’intero arco della nostra attività, ne abbiamo dovute affrontare due: in entrambe la fibra è rimasta lesionata mentre l’operatore eseguiva la tumescenza. In entrambi i casi, siamo stati in grado di recuperarla
senza necessità di un’incisione chirurgica maggiore. Nella nostra esperienza, quindi, la rottura è sempre stata provocata da un errore umano e non da un difetto tecnico. In un altro paio di casi, sul totale dei pazienti trattati, si sono verificate ustioni, anche qui sempre per responsabilità dell’operatore. In entrambi i casi, occorsi nelle prime fasi della nostra esperienza, una volta constatato il danno abbiamo potuto risolvere il problema rimuovendo la losanga di cute ustionata in corrispondenza dell’inserzione del catetere, procedendo poi a effettuare una piccola intradermica per chiudere la ferita.

 

Real world vs. letteratura
La nostra esperienza chirurgica ha evidenziato una percentuale di complicanze estremamente bassa, soprattutto considerando i dati riportati in letteratura. La ragione di questa discrepanza è da ricercare probabilmente in un bias nei nostri controlli di follow-up.
Nelle nostre strutture siamo soliti visitare i pazienti a tre giorni dall’intervento: effettuiamo un controllo ecocolordoppler per assicurarci che tutto proceda secondo norma nella gamba operata. Non procediamo cioè a un ecodoppler completo, comprendente anche l’arto controlaterale (a meno che non vi sia un sospetto clinico) e così facendo potrebbe sfuggire una trombosi venosa profonda asintomatica controlaterale. Esiste una possibilità, pertanto, che nella nostra attività siano stati sottostimati i casi di TVP. Ma ci sentiamo di escludere che vi siano bias per altre complicanze per danni neurologici, ricanalizzazioni delle vene o embolie polmonari.
La questione di fondo è la modalità di utilizzo nella metodica del laser. Se si procede con una pratica ambulatoriale pura, si esclude tutta una serie di fattori di rischio legati all’immobilità. Anche l’esperienza, come già ribadito, gioca un ruolo fondamentale.

 

 

Parola d’ordine: prevenzione
L’approccio fondamentale per evitare complicanze è creare un intervento ambulatoriale puro: la priorità va alla prevenzione della TVP nel post-intervento. In tutti i soggetti che hanno avuto o che presentano al riscontro una pregressa trombosi venosa profonda, procediamo a uno screening per trombofilia prima dell’intervento (in soggetti che non presentano il dato anamnestico di trombosi questo di norma non si fa).
Altre misure preventive consistono nel limitare al massimo sia le flebctomie durante l’intervento sia l’immobilizzazione del paziente nel post-operatorio, ricorrendo alla profilassi con eparina nei soggetti a rischio. A questo riguardo, teniamo a sottolineare che operiamo pazienti in terapia anticoagulante orale, sia con dicumarolici che con farmaci di nuova generazione, senza alcun tipo d’interruzione di questa terapia.

Per quanto riguarda il rischio di danno dei nervi sensitivi, si cerca per quanto possibile di limitare l’impatto della flebectomia, che viene evitata, in accordo con il paziente, se vi sono varici in sedi anatomiche a rischio, in prossimità di qualche ramo sensitivo importante. Eventualmente si procede a effettuare una scleroterapia nel post-operatorio.
Nel caso di un paziente difficile con pluripatologie, la gestione non è complicata, l’intervento laser di per sé ha un’aggressività limitatissima. Quindi la chiusura di una safena, anche in un paziente con ulcere e altre patologie, non presenta criticità.

 

Conclusioni
  • Complicanze – Il rischio di TVP è legato alla ridotta mobilità post intervento e al dolore spesso legato alla flebectomia più che al trattamento di termoablazione laser.
  • Prevenzione – Per evitare complicanze, la raccomandazione è di predisporre un intervento ambulatoriale puro, limitando al minimo la flebectomia e l’immobilizzazione post-operatoria. Nei pazienti a rischio, sono raccomandati lo screening trombofilico nel pre-operatorio e la profilassi eparinica post-operatoria.
  • Gestione dei pazienti difficili – La termoablazione laser ha di per sé un’aggressività limitatissima. La gestione dei pazienti con pluripatologie non presenta particolari difficoltà.