L’utilizzo della fibra radiale Slim: una nuova sfida?

Negli ultimi decenni la terapia endovascolare laser ha conosciuto uno sviluppo tecnologico rapido e costante. Il punto di arrivo è la fibra radiale Slim che rende possibile il trattamento di problematiche flebologiche fino a pochi anni fa destinate alla chirurgia tradizionale, con un tasso di complicanze limitatissimo.
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Claudio Pinzetta

09 Agosto 2022

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La terapia endovascolare con fibra ottica si è imposta in modo autorevole nel trattamento delle vene varicose degli arti inferiori. Questo trattamento non solo ha rivoluzionato l’approccio a tale patologia, ma ha anche modificato la gestione del paziente: da un regime in ricovero ordinario si è passati a un day surgery e infine a un trattamento totalmente ambulatoriale. Anche l’approccio anestesiologico si è notevolmente semplificato: si è passati infatti dall’anestesia generale o spinale all’anestesia locale tumescente, che consente di riportare immediatamente attivo il paziente dopo l’intervento. Inoltre, con il passare degli anni la metodica ha saputo convincere anche i più scettici sulla sua sostenibilità economica. Se infatti in un primo tempo un trattamento laser endovascolare sembrava essere più oneroso, oggi si riconosce a questo metodo il merito di aver trasferito il trattamento in ambulatorio, con un risparmio per la struttura, per via dei minori costi della sala operatoria, dello staff e della degenza post-intervento. Non bisogna dimenticare infine che il ricovero più breve si traduce in un rientro tempestivo del paziente alle proprie attività lavorative e sociali, con un abbattimento dei costi per la comunità.

FIGURA 1 — Fibra ottica a due anelli.

Un po' di storia

È il novembre 2001 quando negli Stati Uniti la Food and Drug Administration (FDA) approva la procedura laser denominata EVLT (acronimo di Endo Venous Laser Treatment) per il trattamento della vena grande safena interna e il relativo kit, costituito da un laser a diodi con una lunghezza d’onda di 810 nanometri (nm) e fibra ottica nuda a terminale piatto. Si tratta di una svolta tecnologica epocale, ma già nel 2002 arriva una seconda approvazione, relativa a una procedura laser che può andare oltre l’indicazione del trattamento dell’insufficienza safenica. Registrata come ELVeS (Endo Laser Vein System) la metodica è basata su un laser a diodi con una lunghezza d’onda di 980 nm ed è dotata di fibra ottica nuda a terminale piatto. I risultati appaiono fin da subito buoni ma in alcuni casi non ancora eccellenti [1]. I miglioramenti tuttavia arrivano negli anni seguenti con una notevole evoluzione tecnica: il punto di partenza è una fibra nuda a terminale piatto associata a un laser a diodi con lunghezze d’onda di 980 nm. Dapprima viene introdotta una fibra ottica radiale mono- ring con attività di irraggiamento a 360° ma si giunge nel tempo alla realizzazione di una fibra 2 ring, in grado di ridurre il rischio di carbonizzazione della punta e di perdita dell’efficacia termica. Nel laser vengono poi implementate lunghezze d’onda differenti: 810 nm, 940 nm, 980 nm, 1064 nm, 1320 nm e infine 1470 nm. L’obiettivo terapeutico è sempre lo stesso: ottenere l’occlusione venosa. Ma esiste un’importante differenza: mentre per i laser da 810 nm a 940 nm il target resta l’emoglobina, per quelli con lunghezza d’onda più ampia il target è principalmente l’acqua. Con il laser da 1470 nm, in particolare, si consegue il massimo assorbimento della radiazione da parte dell’acqua contenuta nel sangue e nella parete venosa, generando in tal modo un effetto di termo-restringimento specifico e circoscritto. In questo modo viene ridotta anche la possibilità di una trombosi venosa profonda termo-indotta [2]. Si gettano così le basi per un trattamento mirato, come quello che verrà descritto nel seguito, basato sulla fibra Slim.

Un trattamento di elezione Lo sviluppo rapido e costante appena descritto in estrema sintesi ha avuto come effetto il riposizionamento del laser endovenoso, che ora si configura come tecnica d’eccellenza e di prima linea negli interventi endovascolari. Nelle linee guida redatte nel Regno Unito dal National Institute for Health and Care Excellence (NICE), alle quali si rifà il Sistema sanitario italiano, il trattamento termico endovascolare viene indicato come scelta d’elezione, che sostituisce la tecnica chirurgica tradizionale. Grazie a un upgrade tecnologico basato su una fibra ottica di tipo Radial Slim o di tipo Radial Slim Dual Ring, è ora disponibile un approccio mininvasivo che consente di trattare vene da sempre destinate a un re-intervento chirurgico complesso o alla scleroterapia, a causa del loro accesso disagevole.

Intervento

Qualche dettaglio tecnico La fibra Slim mono radiale o Dual Ring si differenzia da quella standard per il diametro massimo di 1.27 mm rispetto ai 1,8 della radiale standard: mentre con la tradizionale l’introduzione avviene con tecnica Seldinger (con catetere da 6 fr), una fibra Slim può essere inserita mediante un semplice ago cannula da 16 G (avendo un diametro di 1,27 mm) direttamente in vena, senza bisogno di un introduttore (Figg. 1 e 2).

I vantaggi di questa fibra sono innumerevoli:

• introduzione e posizionamento sotto esatto controllo ecografico in vene di piccolo calibro

• posizionamento in tratti venosi molto corti

• attività della sonda con erogazione luce in modalità radiale

• trattamento ripetibile

• trattamento in anestesia locale tumescente

• modesto o assente dolore post-operatori

• trattamento anche in pazienti anziani, con alta comorbilità e in pazienti con BMI elevato.

Non bisogna dimenticare i possibili svantaggi, che potrebbero essere:

• un’erogazione di energia più bassa, comparate alle fibre standard, e conseguente possibilità di non ottenere i risultati ottimali in vene con calibro maggiore

• una visione ecografica peggiore rispetto alle fibre standard.

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FIGURA 2 — Fibra ottica Slim a due ring.

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FIGURA 3 e 4 –Figura 3. Fibra Slim posizionata in moncone safenico. Figura 4. Fibra Slim introdotta in moncone safenico, visione ecografica.

La nostra esperienza

Sono più di 15 anni che nella nostra attività quotidiana utilizziamo le fibre ottiche per trattare le vene varicose degli arti inferiori. Abbiamo iniziato con una fibra nuda a punta piatta per poi passare a quella radiale, fino ad approdare infine alla fibra Dual Ring, attualmente considerata quella di riferimento. Con le fibre radiali abbiamo riscontrato un notevole miglioramento non solo nell’efficacia dell’occlusione del tronco safenico, ma anche nella qualità del decorso postoperatorio, con meno dolori e minori sintomi riferiti dal paziente. Fondamentale anche l’opportunità di ampliare le indicazioni terapeutiche nella nostra attività. Con le fibre tradizionali è possibile trattare i tronchi safenici e in qualche raro caso recidive varicose dovute ad ampie perforanti. La fibra Slim permette di trattare problematiche finora precluse al trattamento endovascolare, come le recidive di crosse safeno-femorali e safeno-poplitee. Inoltre possiamo, molto più che in passato, occludere vene perforanti e pungere brevi tratti di vene sotto guida ecografica con un calibro di pochi millimetri (Figg. 3 e 4). Per l’uso ottimale di queste fibre è essenziale una certa esperienza: è perciò consigliabile procedere con prudenza a chi si approccia per la prima volta al laser o al trattamento endovascolare. Le difficoltà che si possono incontrare sono varie, basterà in questa sede citarne alcune. In primo luogo, una fibra sottile è meno visibile ecograficamente, quindi il posizionamento della sua punta è più difficoltoso e richiede una certa dose di pazienza. Inoltre, l’introduzione avviene in maniera diretta mediante un ago cannula; di conseguenza anche il dislocamento della punta è più facile che con le fibre tradizionali, fin qui menzionate: pochi millimetri possono significare il fallimento del trattamento. Infine, l’applicazione dell’anestesia tumescente rende il riconoscimento della fibra più difficoltoso.

Le recidive di crosse

Nonostante questi inconvenienti, la tecnica permette di trattare recidive di crosse e perforanti che diversamente richiederebbero incisioni chirurgiche ampie o una terapia sclerosante. In molti casi il sottocute presenta una fibrosi cicatriziale e il trattamento chirurgico può portare a un danno linfatico dovuto alla difficile dissezione chirurgica. In letteratura sono state riportate anche lesioni chirurgiche del sistema venoso profondo. Tutto ciò può essere evitato eseguendo una semplice puntura ecoguidata del vaso, senza un ampio taglio chirurgico. Nella recidiva di crosse, sia femorale sia poplitea, la fibra viene posizionata a raso della vena profonda. Ciononostante, un danno trombotico termoindotto (EHIT 1-4) è estremamente raro. Negli ultimi anni abbiamo eseguito numerosi trattamenti con fibra Slim: nella nostra casistica non abbiamo riscontrato alcun caso di EHIT 3 e 4, e i rari casi di EHIT 2 non erano di alcuna rilevanza clinica. I trattamenti sono stati eseguiti tutti in regime ambulatoriale con anestesia tumescente. La fibra Slim, essendo più sottile, ha bisogno di una buona compressione esterna sulla vena stessa da parte della tumescenza, permettendo un valido risultato in termine di occlusione del vaso. I 46 casi di recidiva dovuti a un reflusso a livello della crosse (28 a livello inguinale e 18 a livello popliteo) e le 36 perforanti trattate con la fibra Slim in un follow-up di un anno sono state chiuse con un buon risultato funzionale. I trattamenti non hanno presentato alcuna complicanza.

Discussione

Molti studi riportano che le varici causate da una recidiva di crosse e dalle perforanti incompetenti sono un problema flebologico di non facile approccio e di notevole onere chirurgico ed economico [3]. Gli stessi hanno dimostrato che un moncone residuo post crossectomia viene riscontrato in due terzi dei casi nelle recidive di crosse [4, 5]. Questi sono i casi ideali da trattare con una fibra Slim. Possono infatti essere incannulati più facilmente rispetto alla fibra radiale standard, traendo un vantaggio clinico notevole e duraturo. Viceversa, i cavernomi di piccola entità sono molto difficili da trattare con le fibre Slim e vanno sottoposti preferibilmente a sclerosi ecoguidata con schiuma. A questo riguardo, sulla base della nostra esperienza possiamo affermare che solo un posizionamento endovenoso della fibra garantisce un buon risultato. Una puntura non ecoguidata e l’applicazione di energia al di fuori di un vaso vanno evitate, per non rischiare un danno al sistema linfatico o a quello neurologico. Complessivamente, la percentuale di vene chiuse si aggira intorno all’80%. In conclusione, tralasciando la terapia in caso di cavernoma, i risultati sono certamente promettenti, anche se a oggi non disponiamo ancora di un follow-up né di una raccolta statistica valida per arrivare a indicazioni certe.

Conclusioni
  • PROGRESSO TECNICO – La fibra Slim si è dimostrata un’evoluzione importante e molto promettente nelle fibre laser attualmente in commercio.
  • UN’ALTERNATIVA ALLA CHIRURGIA APERTA – È un device dedicato al trattamento di vene che fino a oggi avrebbero potuto essere affrontate con trattamenti chirurgici complessi, spesso senza i risultati sperati.
  • CASISTICA E FOLLOW UP –  La casistica ancora numericamente modesta e il follow-up relativamente breve non possono ancora certificare che i risultati ottenuti siano stabili nel tempo, per questo in molti casi vengono trattati con un intervento in chirurgia tradizionale.
  • PREPARAZIONE ED ESPERIENZA – Fermo restando che la fibra Slim permette di eseguire interventi innovativi, sono richieste una preparazione e un’esperienza adeguate.