
08 Agosto 2022
Da molti anni tratto la vena piccola safena con la termoablazione laser ELVeS. Nelle righe che seguono, riassumo alcune indicazioni tratte dalla mia lunga esperienza, che spero possano essere utili ai colleghi per effettuare la procedura con il massimo di rapidità ed efficacia, limitando i rischi di complicanze.
Prima dell’intervento, è assolutamente consigliabile, per evitare un fallimento terapeutico, chiarire in modo preciso che tipo di reflusso stiamo per trattare (di tipo primario, secondario o entrambi), la sua distribuzione – se riguarda cioè i tratti superficiali, le vene perforanti, o il sistema profondo – e infine se è localizzato nella coscia o nella gamba o in entrambe. Nell’effettuare questa valutazione, occorre avvalersi di una persona molto esperta in diagnostica vascolare: solo così si può garantire una buona analisi del caso sul paziente, evitando le insidie della procedura e il rischio di danno alle vene profonde, sulla base di un’identificazione corretta dell’accesso vascolare, andando a ottimizzare i risultati post-operatori. Prima di entrare in sala operatoria, dopo la prima visita, si effettua il mappaggio emodinamico, in modo da avere fin da subito un quadro chiaro su come procedere. Da sottolineare che la mappa emodinamica condivisa è un mezzo diagnostico rivoluzionario per l’insufficienza venosa cronica degli arti inferiori, poiché consente di ottenere dati uniformi e quadri clinici comparabili, a prescindere dalle soluzioni terapeutiche da adottare. Il chirurgo ha così disponibile un database unico e standardizzato con refertazioni, casistiche omogenee e confrontabili.
Il laser è classificato a livello internazionale come una metodica termica e tumescente. Nel 2009 con i colleghi Di Mitri e Ferrari Ruffino, ho pubblicato sul “Journal of Vascular Surgery” [1] i risultati di una vasta casistica di 204 pazienti e 229 arti, trattati dal 2003 al 2007, da cui emergeva come le indicazioni dell’ablazione laser potessero essere molto ampie. Questa conclusione ha trovato conferma in una pubblicazione, nel 2011, delle linee guida della Society for Vascular Surgery e dell’American Venous Forum secondo cui:
Al di là delle indicazioni, vale la pena di esplicitare alcuni accorgimenti che possono facilitare l’intervento: è importante ricordarsi che il paziente va messo in posizione prona, con la gamba sollevata di circa 10 gradi, e bisogna operare rapidamente, dal momento che la respirazione potrebbe risultare difficoltosa, in special modo su pazienti obesi. Dal punto di vista tecnico, vengono utilizzate quasi esclusivamente fibre radiali, che hanno consentito di ridurre a zero danni ai nervi periferici. Per quanto riguarda l’energia erogata, non esiste un valore standard da seguire: per la vena piccola safena la media è di 60-70 joule per centimetro, a seconda del tipo di vena trattata. Per quanto riguarda i risultati di efficacia, tutti gli studi indicano un tasso di ricanalizzazioni variabile dal 2 al 12%. Tali ricanalizzazioni possono essere trattate con la scleroterapia o anche essere lasciate non trattate, dal momento che risultano essere così piccole, asintomatiche e non generano reflusso. Quando si esagera con l’energia sulla giunzione safeno-poplitea, la complicanza più frequente viene indotta dall’azione termica, la risultante è una trombosi (EHIT). Le controindicazioni alla procedura termoablativa laser della vena piccola safena sono tutte connesse alla difficoltà o all’impossibilità di avanzamento di catetere e fibra, dovuta a uno o più fattori di variabilità anatomica:
Sempre in tema di variabilità anatomica, un’evenienza molto rara è la duplicazione della vena piccola safena: riguarda il 2% dei casi, può capitare di ritrovarsela e doverla affrontare durante l’intervento. La più temibile complicanza risulta essere la lesione del nervo surale, che si può prevenire con un’attenta analisi delle immagini ecografiche: se accanto alla vena piccola safena si evidenzia un altro “pallino”, si tratta del nervo surale e diviene necessario evitare l’ablazione termica di quel tratto. Il consiglio è di permettere che il paziente possa segnalare quando avverta un dolore tipo scossa elettrica: a questo scopo, occorre che l’anestesia sia molto diluita, non praticando né l’anestesia spinale che blocchi profondamente la sensibilità dell’arto inferiore, come anche l’uso di lidocaina pura. Con vene molto dilatate, la guida non passerà mai attraverso il colletto aneurismatico; quindi quando si tratta la perforante del punto gastrocnemio sarà necessario seguire la guida, evitando di salire alla cieca, in modo da escludere di penetrare all’interno del sistema profondo. Per quanto riguarda gli altri vasi, ci possono essere aneurismi delle vene gemellari, descritti nel 2-3% dei casi, che possono avere un reflusso importante. Se nel trattare la vena dell’arto sinistro ci sono varici e un edema di lunga data, la raccomandazione è di assicurarsi che il paziente non abbia una sindrome di May-Thurner cioè una compressione della vena iliaca a monte, che con grande probabilità renderebbe vano l’intervento chirurgico. Particolare attenzione va riservata a soggetti cheù hanno già avuto una trombosi venosa superficiale della vena piccola safena, perché l’inserimento della fibra in una vena con pregressa trombosi potrebbe creare dei problemi che possono essere bypassati con diverse tecniche, ad esempio con un doppio accesso, sempre che il chirurgo sia di esperienza. Capita che un paziente si presenti dopo aver subito una terapia sclerosante, con distruzione dell’intima del vaso, che diviene spiraliforme, senza chiusura della parte prossimale: ci si deve quindi occupare sia della tortuosità che della parte alta. Altro caso problematico in cui ci si può trovare, è quello di una crosse safeno-poplitea con un moncone molto lungo: in questo caso, una mano esperta penetra, sotto guida ecografica, ed effettuare la termoablazione laser. Il caso peggiore viene da una vena piccola safena è associata a vene della fossa poplitea, perché vengono coinvolti tutti e tre i sistemi: superficiale, perforante e profondo. In questo caso vanno trattati non solo la vena piccola safena ma anche la perforante del cavo popliteo.