L’evidenza scientifica più significativa è recente una metanalisi Cochrane (Nesbitt et al. 2014) [1], che ha analizzato le tecniche di stripping della vena safeno-femorale, terapia sclerotizzante eco-guidata con iniezione di schiuma (UGFS), ablazione con radiofrequenza (RFA), terapia endovenosa con laser (EVLA). La metanalisi includeva 13 studi controllati e randomizzati, per un totale di 3.081 pazienti complessivi. Dall’analisi non emergono differenze statisticamente significative tra EVLA e RFA rispetto alla chirurgia tradizionale in termini di ricorrenza di varicosità e ricanalizzazione precoce. Per quanto riguarda lo stimolo alla neovascolarizzazione, la metanalisi ha trovato un’associazione statisticamente significativa a favore di EVLA.
Sei degli studi di comparazione tra EVLA e tecnica chirurgica descrivono i problemi tecnici nell’esecuzione della procedura, rilevando una differenza statisticamente significativa che mostra una minor occorrenza di complicanze nei pazienti trattati con EVLA. Comparando RFA e chirurgia, non sono state riscontrate differenze statisticamente significative.
In termini di qualità di vita, i pazienti riferiscono generalmente un miglioramento, a prescindere dalla tecnologia utilizzata. Per quanto riguarda la durata dell’ospedalizzazione, la maggior parte dei pazienti ha ricevuto il trattamento senza essere in regime di ricovero ordinario, ma in generale i pazienti sottoposti a tecniche endovascolari (EVLA e RFA) hanno una minor probabilità di trascorrere la notte in ospedale.
In conclusione, pur in presenza di evidenze limitate, è possibile sostenere che le tecniche minimamente invasive non sono inferiori, come efficacia e sicurezza, alla chirurgia tradizionale. Al momento, i benefici appaiono sostanzialmente sovrapponibili, ma per confermare questi dati ed evidenziare potenziali differenze, in modo maggiormente robusto, vi è la necessità di ulteriori studi randomizzati controllati di dimensioni più ampie di quelli attualmente disponibili in letteratura.