Un caso complesso di patologia della vena grande safena

Si va a tracciare passo a passo come affrontare un caso di vena safena critico, con una tecnologia ormai consolidata ma in continua evoluzione.
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Giorgio Spreafico

08 Agosto 2022

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Anamnesi: Nel 2008 si presenta in visita un paziente di sesso maschile di 74 anni, obeso (indice di massa corporea 34), iperteso e diabetico in terapia orale, pensionato. La patologia flebologica è a carico della vena grande safena sinistra e si presenta clinicamente con modeste varici di coscia e gamba, senza precedenti di varicoflebite all’anamnesi con precedenti di trombosi venosa profonda). L’arto sinistro è edematoso, con segno della fovea e diametro della caviglia sinistra maggiore della destra di 2,5 cm, ed è modicamente sintomatico. Al terzo medio-inferiore di gamba, in sede mediale, si evidenzia ampia zona di dermite ocra (diametro massimo di 13 cm), con al centro una zona più piccola di ipodermite (diametro massimo di 4 cm). Nella zona di ipodermite si rilevano due cicatrici esiti di ulcere venose cicatrizzate. La classificazione clinica C della CEAP è quindi C2, 3, 4a ,4b, 5. Il punteggio del VCSS (Venous Clinical Severity Score) è 9.

Il paziente non utilizza compressione elastica e non pratica attività fisica regolare con le gambe, anche se è attivo e si muove senza difficoltà. All’ecocolordoppler venoso, la vena grande safena sinistra è incompetente alla giunzione e sul tronco fino al terzo medio di gamba (sede dell’ipodermite), con reflusso evocabile sia con manovra di compressione/rilasciamento sia con quella di Valsalva. La giunzione safeno-femorale è dilatata (Figura 1), con un calibro massimo di 26 mm. Il calibro medio del tronco safenico è di 10 mm, con presenza di 5 dilatazioni a rosario fino al terzo superiore di gamba, con calibro massimo di 22 mm. Due delle dilatazioni alla coscia sono palpabili. È rilevabile reflusso sulla vena femorale, mentre la vena poplitea è competente.

Figura 1 – Ecocolordoppler preoperatorio: giunzione marcatamente dilatata

Intervento

Previa valutazione anestesiologica, è stato programmato un intervento ambulatoriale di laser endovenoso della vena grande safena sinistra. L’intervento è stato eseguito utilizzando un laser a diodi 1470 nm (Ceralas -Biolitec, Germania) e una fibra ottica a emissione radiale con un solo anello di emissione (Biolitec- Germania). È stata praticata profilassi antibiotica (il paziente è obeso, diabetico, con precedenti di ulcera) e antitrombotica (il paziente ha 74 anni ed è obeso). La fibra ottica è stata introdotta nella safena con puntura ecoguidata, al terzo medio di gamba, al limite superiore dell’ipodermite. La punta della fibra ottica è stata posizionata a 2 cm dalla giunzione safeno-femorale, caudalmente all’origine della vena epigastica superficiale. L’intervento è stato eseguito in anestesia tumescente, con paziente sveglio. Il laser è stato utilizzato in modalità continua, a una potenza di 6 watt. Sono stati erogati 325 joule/cm nei primi 5 cm dalla giunzione e 121 joule/cm sul tronco safenico. Durante la retrazione della fibra si sono verificati vari episodi di “incollamento” della fibra stessa e la punta della fibra è risultata carbonizzata, quando è stata estratta dalla safena. Al controllo ecocolordoppler intraoperatorio, il tronco è risultato occluso; alla giunzione residuava un moncone di circa 2 cm, competente, “lavato” dal flusso dell’epigastrica, senza segni di trombosi venosa giunzionale (EHIT). Sono state eseguite 4 flebectomie (2 di coscia e 2 di gamba). Il paziente è stato dimesso tre ore dopo la fine dell’intervento, senza alcun problema particolare. I controlli post-operatori a 2 e 7 giorni hanno confermato i dati dell’ecocolordoppler intraoperatorio (moncone giunzionale competente e tronco safenico occluso) (Figure 2, 3, 4). Il paziente ha eseguito due ulteriori controlli a 4 e 13 mesi dall’intervento che hanno riconfermato l’occlusione del tronco trattato e la competenza del moncone giunzionale.

Figura 2, 3, 4 – In settima giornata postoperatoria: giunzione pervia e competente senza segni di EHIT; tronco safenico occluso con ispessimento della parete.

Follow-up

Nell’ambito di un programma di follow-up a lungo termine, nel 2018 il paziente è stato richiamato per una rivalutazione clinica ed ecocolordoppler a 10 anni dall’intervento. Il paziente ha attualmente 84 anni; è ulteriormente aumentato di peso (indice di massa corporea 36) e continua a essere attivo. Dopo i primi 2 mesi dopo l’intervento non ha più utilizzato elastocompressione e, dopo il controllo a 13 mesi dall’intervento, non ha eseguito ulteriori controlli. Dal punto di vista clinico il risultato del trattamento è ottimo. Il paziente riferisce di essere asintomatico; non ha avuto nessuna complicazione (in particolare recidive dell’ulcera); non presenta edema alla gamba sinistra; riferisce che la zona di dermite ocra si è ridotta di più della metà; non vi sono segni di ipodermite né di recidiva di varici (salvo presenza di varici reticolari e teleangectasie). La classificazione C della CEAP è quindi C1, C4a, C5 e il punteggio VCSS è 2. Richiesto di esprimere un giudizio sull’intervento, il paziente ha dato un punteggio di 10, su una scala da 1 a 10. All’ecocolordoppler venoso: il moncone giunzionale è corto, competente con manovra di compressione/ rilasciamento e refluente sotto Valsalva, con reflusso a bassa intensità (Figure 5, 6). Il tronco safenico presenta una modesta ricanalizzazione lungo tutto il suo decorso, con reflusso solo sotto Valsalva e calibro residuo massimo inferiore a 3mm. (Figure 7, 8).

Figura 5, 6, 7, 8 – A 10 anni di follow-up: moncone giunzionale residuo corto e refluente; il reflusso si distribuisce in una ricanalizzazione del tronco con calibro residuo massimo inferiore a 3 mm.

Conclusioni

È Possibile trattare con ELVeS (Endo LaserpVenous System), ambulatorialmente, un paziente complesso sia per le sue caratteristiche (età, peso, comorbilità) che per l’importanza della malattia (classe C della CEAP alta, calibri della giunzione e del tronco elevati).

Dati i calibri della vena, è necessario erogare una quantità elevata di energia, secondo le regole del x20 alla giunzione e del x10 sul tronco safenico. L’erogazione di alte dosi di energia espone la fibra ottica radiale, specie se mono ring, al rischio di carbonizzazione e quindi con minore efficacia del danno termico. Questo problema è stato sostanzialmente risolto con la disponibilità attuale delle fibre 2 ring.

Anche in presenza di un fallimento ecocolordoppler (moncone refluente e tronco refluente), nel lungo termine, il risultato clinico continua ad essere ottimo. La presenza di una ricanalizzazione del tronco safenico con calibro residuo modesto mantiene il reflusso della giunzione e del tronco (giustificando la diagnosi di fallimento strumentale), ma non determina recidive cliniche, né di sintomi né di varici né di ipodermite o ulcera (motivando la conclusione di un ottimo risultato clinico anche nel lungo termine).